[Riprendo questo articolo dal blog degli immigrati italiani d’Argentina d’ultima generazione, con cui ho cominciato a collaborare come tano momentaneamente esule in Italia: http://www.largentina.org/2010/11/21/il-ricordo-del-fioraio-di-peron/]
Albertito sta fatto una meraviglia, pare che avesse più di tre anni, sicuro che state contentissimi con il piccolo berbante. La zia tiene tutte le fotografii i cuando viene in casa gli altri nipoti di parte di Lei ci li inzegna a tutti dandoci spiegazioni che il ragazzino della foto è il figlio della figlia di la sorella di Cosimo, così che è conosciuto da tutti i cuasi tutti diceno che non pare italiano, diceno che tiene faccia di argentino, di questa America povera.
Ecco cosa scriveva di me, argentinizzandomi, il mio tio-abuelo, il prozio d’America, il fratello di mia nonna, zio Cosimo d’Argentina che da molti anni chiamo “il fioraio di Peron”. Cosimo Quartana (anzi, Cusumano, perché cambiò nome quando prese la cittadinanza argentina) con l’ortografia aveva sempre fatto a pugni e l’innesto dell’italiano sullo spagnolo creò la strana creatura linguistica a cui rimase fedele per tutta la vita. Lo chiamano il cocolice, che è il modo di parlare degli italiani d’Argentina. La mia foto doveva essere arrivata a Buenos Aires nel 1976 perché sono nato nel 1973 e al momento dello scatto avevo solo tre anni. La dittatura militare, l’ultima e la più feroce, celebrava il suo primo mese di esistenza e si riprometteva di far diventare quell’America sempre più povera. Cosimo, il fioraio, invece di anni ne aveva settanta.
Era venuto al mondo nel 1906 in una famiglia di fiorai siciliani. Il mio bisnonno materno, che poi era il padre del fioraio, aveva un negozio di fiori e un vivaio a Paceco, vicino a Trapani. In casa tutti sapevano intrecciare ghirlande. I bambini andavano nei campi a cercare talee di piante selvatiche. Il vecchio le metteva a dimora e le innestava in una porzione di feudo che aveva comprato. Cosimo era un decoratore eccezionale. Se la cavava anche nel vivaio, ma conservava il suo talento per le composizioni. Si stancò presto di trascinare a dorso d’asina carretti carichi di fiori sulla strada polverosa che portava dal negozio al feudo. Assieme al vecchio aveva scavato un pozzo, aveva costruito un forno per il pane, aveva dato linfa a un giardino pieno di aranci e limoni.
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