Arthur Cravan, pugile e poeta brutale

1stFeb. × ’11

Su Finzioni Magazine un mio articolo su Arthur Cravan che ripropongo di seguito:

Pubblichiamo un articolo dello scrittore Alberto Prunetti, autore tra le altre cose di Potassa e Il fioraio di Perón, e uno dei due membri dell’Arthur Cravan Italian Heritage Committee. Geniale cercatore di storie sepolte, vero conoscitore di personaggi della letteratura e dell’arte assolutamente originali, Alberto ci regala un vero e proprio dagherrotipo narrativo, una storia che puzza di cloruro d’argento e che restituisce tutte le tonalità di personaggi, luoghi e tempi che vale la pena conoscere. Il primo fotogramma di una pellicola appena cominciata…

Un bruto, uno che non capisce le leggi. Per Vaneigem, il campione del mondo di nichilismo dada. Uno che ha dato corpo alla sfida di Arthur Rimbaud contro la civiltà. Ma che corpo, signori, che carcassa: 105 chili su due metri e cinque. Tutti di muscoli. Intestati a Arthur Cravan, pronipote di Oscar Wilde, sedicente campione dei pesi massimi in Canada e guastatore del dadaismo internazionale. Lo avvistano, agli inizi del Novecento, a Losanna, Parigi, Madrid e New York. Disertore professionista, durante la Grande Guerra cambia continuamente cittadinanza e identità per disertare di nuovo, e alla recidiva aggiunge il cambio di genere: riesce a passare una frontiera travestito da donna, anzi: da donnone. E lo vedono in mille altri posti. Conferenziere farneticante, invece di declamare versi si spoglia e offre dimostrazioni di pugilato. Poi spara con la sua rivoltella sopra la testa del pubblico e se ne va per fondare una rivista di critica brutale, Maintenant, che vende lui stesso su un carro da verduraio davanti agli altari delle avanguardie europee. Insulta letteralmente tutti i poeti dell’epoca e tra i prosatori copre di merda il povero Gide, che non ha il coraggio di dirgli assolutamente niente. E c’è da capirlo, poveretto.

Giunto per vie fortunose a Madrid, il pittore e scrittore Picabia lo inserisce nel jet set: con una camicia di seta strabordante di muscoli balla il tango e va in giro accompagnato da un paio di meretrici. Poi conosce Jack Johnson, il campione del mondo scappato dagli Stati Uniti perché inseguito dall’odio dei suprematisti bianchi. I due pugili decidono di applicare il dadaismo alla noble art e inscenano la grande truffa dei pesi massimi. Allestiscono in Spagna un incontro che dovrebbe essere il match del secolo. Jack Johnson all’epoca è un mito, il più grande pugile prima di Muhammad Alì. Si accordano per una borsa enorme anche per chi perderà. Il palazzo dello sport non riesce a contenere le migliaia di spettatori: suona il gong, dopo un paio di jab telefonati, Cravan si mette in ginocchio e toccando i piedi di Jonson lo  supplica: «Non picchiarmi, mammina, ti voglio bene!» Il pubblico non la prende bene e cerca di linciare i due pugili. Loro scappano e si sbronzano in periferia.

A quel punto Cravan fa perdere le sue tracce. Ricompare in America. A New York vive nei parchi, nel nord del Canada si dedica alla pesca dei merluzzi. In Messico vive di espedienti, poi gestisce una palestra di lotta libera e prepara una conferenza sull’arte egizia. Conosce la poetessa inglese Mina Loy, si innamora perdutamente e la sposa, nonostante fosse già sposato con un’altra. Non capisce le leggi e si chiede incuriosito perché lo accusino di bigamia. Alla fine Mina scappa a Buenos Aires, lui gli scrive lettere colme di poesia. Secondo André Breton, che lo inserisce nella Antologia dello humour nero, Cravan una notte si ubriaca come un pazzo in una spiaggia messicana, ruba una barchetta e prende il largo a remi, fiducioso delle proprie braccia e  convinto di poter ricongiungersi col suo amore a Buenos Aires. Scompare nell’oceano

Mina lo aspetta per un po’, poi torna in Inghilterra. Lo cerca per tutte le carceri e i bordelli e le palestre degli Stati Uniti. Poi si arrende. Lo dichiarano scomparso nel 1918, quando aveva 31 anni. Sulla sua morte ci sono altre ipotesi: secondo Blaise Cendrars finì accoltellato in una bettola. Secondo altri la sua scomparsa sarebbe un trucco per fottere i creditori: arrivò a Buenos Aires, cambiò identità e divenne un maestro di tango. Visse mille vite, morì mille morti.

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